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Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Tra le varie tipologie di accertamento vi è quello analitico-induttivo di cui all’articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, il quale consente di rettificare la dichiarazione fiscale quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni sono ricavate, in via indiretta, dalle presunzioni di cessione e di acquisto o dalle presunzioni semplici, a condizione che esse siano gravi, precisi e concordanti.

Quindi, l’accertamento è analitico-induttivo nelle ipotesi in cui l’operato dei verificatori fiscali si fondi sulla valorizzazione di elementi che indirettamente, mediante ragionamento logico-deduttivo, consentono di ricostruire un volume d’affari diverso e superiore da quello dichiarato dal contribuente, anche sulla base di una condotta commerciale antieconomica.

A tal proposito, occorre rilevare che con ordinanza n. 20431 del 25 agosto 2017 la Corte di Cassazione ha affermato tout court che è legittimo l’accertamento analitico-induttivo quando l’esposizione dei ricavi sia talmente ridotta rispetto ai costi da indurre a ritenere la gestione aziendale antieconomica.

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