
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Con la nuova modifica dell’art. 167 del D.P.R. 917/1986 (c.d. TUIR), ad opera della Legge di Stabilità 2016, la disciplina delle Controlled Foreign Companies (c.d. CFC) viene ulteriormente innovata, con la finalità dichiarata di razionalizzarla e completarla. La modifica di maggiore interesse riguarda indubbiamente i criteri per l’individuazione degli Stati o territori a fiscalità privilegiata: viene, infatti, espunto qualsiasi riferimento alla lista dei Paesi c.d. black list (D.M. 21 novembre 2001), rinviando ad un criterio oggettivo, definito in via normativa, fondato sul livello nominale di tassazione nella giurisdizione estera. Tale criterio, oltre che rilevare per l’applicazione della disciplina delle CFC, è rilevante anche per l’ambito territoriale delle contigue discipline degli utili da società localizzate in Paesi a regime fiscale privilegiato (artt. 47, 68, 86, 87 e 89 del TUIR) e della “branch exemption” (art. 168-ter del TUIR).
Dunque, a distanza di pochi mesi dalle recenti novità introdotte dal Decreto Internazionalizzazione, la Legge di Stabilità 2016 ha introdotto nuove modifiche per l’individuazione delle c.d. tax haven jurisdictions:
– al comma 1 dell’art. 167 viene espunto il riferimento al Decreto o al Provvedimento con i quali identificare le giurisdizioni o i regimi speciali fiscalmente privilegiati, sostituendolo con un più generico richiamo agli Stati o territori identificati in base ai criteri definiti nel novellato comma 4 (si veda il punto successivo) “diversi da quelli appartenenti all’Unione Europea (“UE”) ovvero da quelli appartenenti allo Spazio Economico Europeo (“SEE”) con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni”;
– al comma 4 dell’art. 167 del TUIR viene rimosso qualsiasi riferimento alla black list di cui al D.M. 21.11.2001 e ai regimi fiscali speciali da individuarsi in modo non tassativo con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, sostituendolo con un laconico riferimento ai “regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori […] laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia”;
– al comma 8-bis dell’art. 167 del TUIR viene inserita una specificazione del dettato normativo, al fine di includere tra i Paesi cui si applica la disciplina delle CFC white list gli “Stati appartenenti all’UE ovvero quelli aderenti allo SEE con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni”.
Dalle modifiche sopra elencate ne discendono alcune conseguenze di rilievo. Innanzitutto, l’individuazione dei regimi fiscali paradisiaci sarà affidata ad una verifica caso per caso del livello di tassazione estero. Verifica evidentemente più onerosa rispetto alla più agevole consultazione di una black list di emanazione ministeriale. Va, tuttavia, apprezzata la notevole semplificazione rappresentata dal confronto tra livelli nominali e non effettivi di tassazione, che dovrebbe inoltre agevolare i contribuenti italiani, soggetti, come noto, a livelli di tassazione effettiva ben superiori a quella nominale. Nel silenzio della norma, permane tuttavia su tale punto il dubbio circa la rilevanza ai fini dell’individuazione del livello di tassazione nominale domestico della sola IRES o anche all’IRAP.
Possibili criticità si pongono con riferimento all’individuazione dei regimi fiscali speciali che consentono un livello di tassazione nominale inferiore al 50% di quello applicato in Italia. Prima delle modifiche in commento, una elencazione non tassativa di tali regimi avrebbe dovuto essere fornita da un Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate (mai pubblicato). Si pone pertanto la questione di verificare il livello di tassazione nominale applicabile alle controllate estere, anche se residenti in giurisdizioni che prima facie sarebbero escluse in virtù di un livello di tassazione generale nominale superiore al 50% di quello italiano. A tale scopo potrebbe essere utile fare riferimento all’abrogato articolo 3 del D.M. 21.11.2011, il quale individuava le giurisdizioni black list limitatamente a determinate tipologie societarie e settori. In secondo luogo, viene meno la rilevanza, ai fini dell’individuazione delle giurisdizioni a regime fiscale privilegiato, della presenza di un adeguato scambio di informazioni con il paese estero. Ne discende che alcune giurisdizioni prima incluse nella black list in quanto non collaborative, saranno ora da escludere qualora la tassazione nominale sia superiore al 50% di quella italiana (e.g. isole Barbados). Vengono, inoltre, escluse ex lege, ai fini del regime CFC black list, le giurisdizioni della UE e quelle dello SEE con cui è in vigore un accordo per lo scambio di informazioni (ad oggi, Norvegia e Islanda).
Alcuni interrogativi si pongono, invece, con riguardo all’effettuazione del tax rate test per le controllate residenti in giurisdizioni non black list. Per effetto della specificazione apportata nel comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR saranno soggette a tale verifica anche le controllate residenti in Paesi comunitari. Come è stato osservato in dottrina, tale disposizione potrebbe essere passibile di censure in ambito comunitario qualora integri un ostacolo alla libertà di stabilimento (artt. 49-55 del TFUE). Peraltro, a causa della mancata emanazione del Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate che ai sensi del novellato comma 8-bis, lett. b) dell’art 167 del TUIR avrebbe dovuto individuare i criteri per determinare con modalità semplificate il calcolo del livello di tassazione effettivo, lo svolgimento del tax rate test continua a rappresentare un esercizio alquanto complesso.
Come osservato sopra, le modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 esplicheranno i loro effetti a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.
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